Giulio Ciccone Al Lombardia

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    Giulio Ciccone Al Lombardia

    Uno dei momenti da ricordare di questo Lombardia, seconda Monumento 2024 con un italiano sul podio dopo il Fiandre di Mozzato, è quello in cui Dario Cataldo taglia l’ultimo traguardo della carriera e si accorge che sul podio c’è il suo amico Ciccone. La storia è antica. Giulio è una sorta di fratello minore, cresciuto ciclisticamente alla scuola di suo padre. E quando la Lidl-Trek ha avuto bisogno di una guida per il suo leader, ha puntato sul corregionale più esperto, facendone un road captain. Dario ci teneva a chiudere al Lombardia e pur con il groppo in gola, è passato con un sorriso prima di riprendere la via del pullman.


    2024 lombardia giulio ciccone

    «E’ stato bello – ammette Ciccone – è stato emozionante. Lui ci teneva a finirla qui ed è stato un bel momento, quando lui è arrivato ed io ero sul podio. Direi che è stato bello per tutti e due».

    La mattinata del resto era partita all’insegna del saluto per l’abruzzese, con i compagni che si sono presentati al foglio firma mascherati con la sua faccia. Il Lombardia deve essere stato un lungo viaggio nella memoria, fino alle strade di Como in cui vinse la tappa al Giro d’Italia del 2014. dieci anni fa. Quando Cataldo è arrivato al pullman e ha tolto gli occhiali, aveva gli occhi rossi. Ha firmato autografi. Ha posato per foto. Quindi ha abbracciato i compagni di squadra e lo staff. Ha stretto forte Luca Guercilena. E poi come gli altri è salito sopra aspettando l’eroe di giornata.

    Con gambe e testa

    Ciccone arriva dopo mezz’ora che lo aspettiamo. Sembra frastornato, come chiunque abbia dovuto attraversare una baraonda di tifosi e ammiraglie incastrate fra loro. Quando incontra lo sguardo di Josu Larrazabal, il capo dei preparatori, il basco lo guarda e gli chiede perché sia così accigliato. Allora Giulio sorride, anche lui dispensa qualche abbraccio e poi sale sul pullman. Li sentiamo gridare e far festa. Qualcuno fa saltare il tappo di birre gelate, che sembrano un miraggio per chi aspetta in strada. Poi lo vediamo passare e gli lanciamo una voce: “Cicco”, hai due minuti? Lui guarda in basso. Sorride. Dice di sì. Ma sedendosi sui gradini del pullman, ci invita a salirne uno. Sotto c’è ancora una ressa da giorno di mercato, se scendesse non riusciremmo neppure a dirci ciao.

    Gli raccontiamo che la televisione ha mostrato tante immagini di Pogacar ed Evenepoel, ma ben poco del suo rientro sui primi. Lo abbiamo visto scattare, come se fosse rinvenuto da un luogo imprecisato alle spalle del gruppetto inseguitore. Lui sorride, ha recuperato lo spirito e racconta.

    «Per fortuna che almeno lo scatto l’hanno inquadrato – ride – per una volta che faccio uno scatto! Come è andata? Sul Sormano c’è stata la selezione, quella vera. Poi Sivakov è andato via da solo e io sono rimasto nel gruppetto. Ho visto anche che stava rientrando Mollema con altri corridori e a quel punto abbiamo iniziato la valle. Era lunga e farla da solo oppure in due avrebbe significato morire. Abbiamo trovato una buona collaborazione, anche se io sentivo che oggi in salita andavo bene. Ai compagni l’ho detto dopo le prime salite nella zona di Bergamo: stavo bene».

    «Quindi – prosegue Ciccone – mi sono messo ad aspettare il San Fermo. Mollema l’ha presa forte da sotto e si è fatto seguire da Storer. Io poi ho dato l’accelerata e quando ho visto che erano vicini, ho preso morale. Mi sono avvicinato a quelli davanti, però non ho chiuso subito. Sapevo che se lo avessi fatto, magari scattavano ancora e mi ristaccavano arrivando da dietro. Per questo li ho lasciati un attimo lì. Ho gestito bene. E quando poi ho deciso di rientrare, mi sono detto che dovevo tirare dritto. E così ho fatto e francamente è andata anche meglio di quanto mi aspettassi».

    La delusione di Zurigo

    C’è orgoglio e si capisce quanto sia difficile essere un corridore di vertice, nel dover spingere fino ai limiti dell’apnea e riuscire contemporaneamente ad essere lucidi. Sapeva di giocarsi il finale di stagione. Sapeva che le ciambelle fino a quel punto non erano riuscite col buco. Aveva lavorato tanto e sodo con Bartoli in Toscana, eppure era tornato a casa dal mondiale con un pessimo gusto in bocca.

    «Il mondiale per me è stato una grande delusione – sospira Ciccone – perché comunque avevo lavorato bene. Sapevo che la condizione c’era, ma sicuramente il percorso non era adatto a me. E’ stato una delusione perché è sempre brutto quando si lavora tanto e non si raccoglie nulla. Specialmente con la maglia nazionale, con cui attiri le attenzioni belle e le attenzioni brutte. Per questo oggi ci tenevo a fare bene. Ed è stato importante perché ci voleva di chiudere l’anno così. Il 2024 è stato difficile e chiuderlo nel migliore dei modi mi dà la serenità per staccare, girare pagina e iniziare nel modo migliore».

    Il ritmo infernale

    E’ salito sul podio con Pogacar ed Evenepoel: una fotografia che dà ancora più valore alla prestazione di oggi, anche se al momento il loro livello è irraggiungibile e occorre farsene una ragione, senza per questo sembrare rinunciatari.

    «A volte bisogna accettare la realtà – dice – e la realtà è quella che stiamo vivendo in un’epoca di campioni. Non si tratta di accontentarsi, però di essere realisti e fare il massimo per ottenere quello che si può. E quando c’è Pogacar, si capisce presto se è in giornata super. Il ritmo a un certo punto diventa insostenibile e l’unico che riesce ad andare è lui. E oggi è stata una giornata veramente dura, perché siamo partiti fortissimo. Abbiamo fatto le prime salite a un ritmo già bello tosto e intanto la gara non si era messa proprio benissimo con quei corridori importanti nella fuga. Per riprenderli, il ritmo a un certo punto è diventato altissimo, perché credo che tanti fossero preoccupati. Io sono rimasto lì.

    «Ho lavorato tanto, sono rimasto concentrato. L’ultimo mese è stato un po’ strano, però io sapevo di aver lavorato bene. E adesso stacco la spina sereno. Questa giornata significa tanto, per la sfortuna che ho avuto e per la squadra che mi è rimasta sempre vicina».

    Il tempo di una foto e ci accorgiamo che alle spalle è arrivato Paolo Barbieri, un altro uomo della Lidl-Trek che chiude in questi giorni la sua carriera da press officer. Ci sono tante storie che si intrecciano in questa serata con vista sul lago gonfio d’acqua. Storie di uomini, chilometri e vite. Non resta che scrivere tutto, sperando di ricordare davvero tutto.
    da bicipro
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